Il linguaggio nascosto dell’arte

Durante le ore di Storia dell’Arte, a scuola, mi sono sempre chiesto: ”Perché il Professore, per descrivere questa opera d’arte utilizza parole noiose e pedanti, cariche di retorica?”

Mi sembrava spesso che le spiegazioni fossero cariche di considerazioni postume prive di fondamento. Parole e concetti che davano interpretazioni inutili rispetti a delle semplici immagini.

“Ma non può essere che l’artista, abbia semplicemente voluto comunicare quello che ha disegnato? Niente di più!?!”

Questa domanda sorgeva spesso perché ad ogni opera, quadro o statua delle epoche passate si accompagnava una lunga e spesso noiosa spiegazione sui significati “nascosti” di queste.

Ma si sa, gli anni passano per tutti e spesso, crescendo, si cambia idea. Dopo tanto tempo sono finalmente riuscito a capire il motivo di tutte quelle parole, quegli inutili concetti utilizzati per descrivere delle linee, dei colori, delle profondità.

Gli artisti di una volta, da Giotto a Michelangelo, dal Bernini a Caravaggio, avevano un approccio completamente diverso rispetto a quello che abbiamo noi, uomini moderni, con l’arte. Le loro rappresentazioni erano “sacre”, letture frutto di visioni profonde e diverse dalle nostre.

Bisogna ricordare che la sacralità dell’immagine non era assolutamente messa in secondo piano. I concetti da esprimere potevano essere molto “alti” e difficilmente esplicabili se non attraverso delle immagini. Inoltre, chi commissionava le opere, era spesso uomini religiosi che richiedevano l’espressione di questa aulicità. Per declinare impulsi spirituali, storie di santi, eventi apocalittici, vi era la necessità di disegnarli perché l’arte era il vero veicolo di trasmissione culturale e religiosa.

Oggi non comprendiamo in pieno le piramidi, l’arte egizia, le figure assire, i mostri di Persepolis perché la secolarizzazione ci ha allontanato da alcuni concetti che non sappiamo più leggere. Dobbiamo considerare invece, che in quelle epoche, quelle figure rappresentavano immaginari, storie o sensazioni alle quali erano abituate le persone a cui si rivolgevano. E’ per questo che siamo costretti ad appellarci agli antichi testi, alla storia o alle nostre più profonde capacità di lettura per interpretare quali immagini evocavano i Kouros ad Atene o le sfingi d’Egitto.

Incomprensioni le nostre, che attraverso la curiosità e la conoscenza potranno essere corrette.

 

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